Prima donna della tradizione ebraica, Lilith è creata non dalla costola di Adamo, ma dalla sua stessa terra: uguale a lui per origine e dignità. Quando le viene imposto di sottomettersi, rifiuta. Pronuncia il Nome ineffabile di Dio e abbandona l’Eden. Non commette una colpa, non infrange un divieto: sceglie semplicemente di non restare dove la parità è negata.
Nel mito di Adamo ed Eva, la libertà e la conoscenza emergono attraverso la trasgressione: l’uomo diventa consapevole del bene e del male solo dopo aver disobbedito, e la sapienza si accompagna alla colpa. È il paradigma della morale, dove la norma precede la scelta e il bene coincide con l’obbedienza.
Lilith, invece, agisce prima e al di fuori di questo schema. La sua libertà non nasce dal peccato ma da un principio interiore: afferma se stessa come origine, non come eccezione. Così il mito morale di Adamo ed Eva trova in Lilith il suo opposto: il mito dell’etica, dove la coscienza nasce dall’autodeterminazione e non dal comando.
Lilith non si oppone alla legge: la oltrepassa.
Non per distruggere, ma per fondare.
Perché è solo dove la regola non costringe, che l’etica comincia.
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